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Dopo
Tunisi
Attrezzarsi all’emergenza
Quando l’America venne colpita sul suo territorio l’11 settembre del 2001,
una missione militare in Afghanistan e in Iraq significava innanzitutto
allentare la pressioni terroristica sui suoi confini. Con dei bersagli
militari disponibili nel cuore del mondo islamico, si limitavano i rischi di
vedere colpita la propria popolazione civile con altri attentati. Il
movimento pacifista occidentale non ha compreso questa ragione sotterranea
della guerra di Bush, mettendosi a discutere se esportare la democrazia fosse
sensato o meno, e se ci fossero armi di distruzioni
di massa, ignorando, invece l’importanza di un secondo fronte capace di
allentare la pressione creata dall’incubo terrorismo sul primo. I vantaggi
dell’America sono dovuti al suo isolamento e la sua lontananza,
con i marines in medio oriente la
Jihad avrebbe potuto sfogarsi liberamente, senza
preoccuparsi di attraversare l’oceano Atlantico. Per l’Europa la situazione è
molto diversa, lo si è visto in Francia
innanzitutto, dove bisogna militarizzare il territorio e lo si vedrà in altri
paesi in caso di attacchi, perché le distanze sono molto più limitate. La Tunisia, è ad un passo
dalle nostre coste, meta tradizionale del nostro turismo, appiccicata alla
Libia dove già la situazione è ingovernabile. Se domani l’Is decidesse
davvero di passare dalle minacce ai fatti, l’Italia si troverebbe a mal
partito. Fra Expo, Sindone, Giubileo, centinaia di migranti al giorno che sbarcano sulle nostre coste, è davvero
difficile pensare di essere al sicuro. Un diversivo militare in Libia ad
esempio, premesso che l’Italia non è preparata a sostenerlo con buona pace
dei generali che si dicono pronti, servirebbe a poco o niente, perché passare
le linee per le cellule terroriste è cosa facile, premesso che potrebbero già
essere qui da noi, in grado di colpirci appena le nostre truppe venissero sbarcate. Prima di precipitare in una qualche
azione militare bisognerebbe fissare delle nuove linee guida sulla politica
dell’immigrazione e rinsaldare i controlli interni sulla popolazione islamica
nel nostro Paese. Bisogna attrezzarsi in fretta, perché così come è stata
colpita Tunisi, può essere colpita anche più facilmente una qualsiasi città
italiana.
Roma, 19 marzo 2015
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